LE CONSEGUENZE DEL PROGRESSISMO CRISTIANO, Padre Julio MEINVIELLE
Padre Julio MEINVIELLE
Il progressismo cristiano
errori e deviazioni
LE CONSEGUENZE DEL PROGRESSISMO CRISTIANO
Abbiamo visto come l'idea di un progresso continuo accompagni tutto il
dissolvimento della civiltà moderna, dal Rinascimento ad ora, e
costituisca il falso fondamento su cui si appoggia il progressismo
cristiano.
Non vi è un progresso nell'“essenziale”, in ciò che è fondamentalmente
umano, nella civiltà moderna. Ci potrà essere un certo progresso per
quanto riguarda alcuni aspetti, soprattutto quello tecnologico.
L'aspetto propriamente umano e morale dell'uomo costituito da un
avvicinamento a Dio, non progredisce con il progredire la tecnologia.
L'uomo può avanzare, ed in effetti realizza un immenso progresso nella
produzione di un poderoso apparato produttivo ma, allo stesso tempo,
tale apparato produttivo può convertirsi in rovina e distruzione.
La civiltà moderna, per quanto riguarda l'aspetto più propriamente umano
dell'uomo, sta “camminando all'indietro” da più di quattro secoli. Sta
regredendo per la degradazione progressiva alla quale sottomette l'uomo.
La società moderna sta diventando ogni giorno più materialista. Dopo
aver respinto Dio, sta ora respingendo i valori propriamente umani ed
anche quelli animali dell'uomo per convertirlo in un semplice
ingranaggio della grande macchina materialista e socialista.
La Rivoluzione Francese segna il punto decisivo di questa
civilizzazione, per quanto riguarda il suo aspetto materialista. Con la
Rivoluzione Francese l'uomo respinge definitivamente gli autentici
valori spirituali di cui è depositaria la Chiesa, società
soprannaturale, e assume un comportamento decisamente materialista.
E' a questo punto che si pone un problema angoscioso per il cattolico.
Cosa può fare il cattolico in questa società che respinge Dio, Cristo e
la Chiesa e che proclama come supremo valore la libertà materialista
dell'uomo? Vi sono due possibilità: o il cristiano prende un
atteggiamento complessivamente critico verso questa società e quindi
rischia di rimanerne praticamente ai margini, esposto a non far sentire
il messaggio cristiano a questa società, oppure si piega ad essa e
scende a patti. In questo caso però si espone ad alterare la purezza e
l'integrità del messaggio cristiano.
Questa fu la situazione angosciosa che si presentò ai cristiani dopo la
Rivoluzione Francese. Lamennais fu il primo cattolico che, in tale
alternativa, optò per il venire a patti con la nuova civiltà, con il
liberalismo che lo riempiva e decise di “forgiare” il liberalismo
cattolico.
Il progressismo di Lamennais
Lamennais è il personaggio chiave del cattolicesimo moderno. Nato
nell'ultimo quarto del secolo XVIII si formò con le idee e la mentalità
di Rousseau e dei filosofi liberali. Più tardi si convertì al
cattolicesimo per professare un credo sospetto e poi un liberalismo che
si sviluppò nel diario L'Avenir, fra il 1830 ed il 1831.
C'è una logica nella concezione di Lamennais che è presieduta dall'idea
del progresso storico. La storia progredisce e, di conseguenza, i tempi
moderni rappresentano un progresso rispetto ai tempi anteriori.
Lamennais giustifica l'idea del progresso storico con l'idea della
Provvidenza divina che dirige la storia verso il fine che Lei sola
conosce; egli sviluppa questi concetti in un articolo molto importante,
del 28 luglio 1831. Secondo lui il progresso della storia si realizza
non attraverso una maggiore acquisizione della bontà morale, di
avvicinamento a Dio attraverso il bene e la virtù, ma attraverso
l'acquisizione di gradi di maggiore libertà, che farà sì che i popoli
crescano verso la maggiore età. Di conseguenza, Lamennais giustifica il
liberalismo come un'acquisizione del progresso dell'umanità.
Fino a Lamennais non si concepiva altra civilizzazione né progresso
autentico per l'uomo che non fosse il riconoscimento della supremazia
soprannaturale della Chiesa. La civiltà, infatti, non si proponeva come
fine dei cittadini la libertà, ma il bene e la virtù. Nel quadro della
verità, la libertà rappresenta indubbiamente un bene; però non si può
adottare la libertà come un fine indipendente, che possa rinunciare ai
diritti della verità.
Nella Rivoluzione Francese la Chiesa non è più riconosciuta dal pubblico
potere come l'unica vera religione, ma diventa uno dei tanti culti che i
cittadini possono praticare. Tale situazione può essere accettata come
un dato di fatto ma non certo come un diritto.
Lamennais fu il primo cattolico che lo accettò come un diritto. Per lui,
infatti, le verità moderne erano i diritti dell'uomo che dovevano
essere considerati come conquista del progresso della storia.
Lamennais fu quindi il primo a professare il progressismo cristiano e
quindi è possibile identificare in lui l'iniziatore del liberalismo
cattolico. Il liberalismo del secolo XIX rappresentava – per Lamennais -
un progresso rispetto alla società anteriore che si diceva cristiana e
che professava il riconoscimento della Chiesa come società
soprannaturale, ed anche il liberalismo cattolico costituiva un vero
progresso.
Come è noto, Lamennaís fu condannato da Gregorio XVI nella “Mirari Vos”.
Da allora, tutto il secolo XIX fu teatro di una tremenda lotta in seno
alla Chiesa, tra liberali e non liberali. Tra i liberali troviamo figure
come Lacordaire, Montalembert, Dupanloup. Tra gli anti‑liberali
emergono soprattutto il Cardinale Pie ed il pubblicista Veuillot.
Pio IX condannò con energia il liberalismo cattolico in una serie di
documenti i cui punti salienti furono più tardi accolti nel famoso
Syllabus. Ma la lotta non cessò. Al contrario, ricominciò durante il
Pontificato di Leone XIII con l'apparizione dei chierici democratici
come Naudet, Lemíre e Dabry.
Leone XIII, nelle sue famose Encicliche, espose un piano completo di
come avrebbe dovuto essere la civiltà cristiana, la città cattolica
nello stile di vita moderno. Ma il pensiero di Leone XIII fu
sistematicamente adulterato dai liberali che agivano in seno alla
Chiesa.
In quell'epoca, infatti, apparve nella Chiesa un movimento di tendenze
decisamente liberali, democratiche e socialiste. Era il movimento di Le
Sillon.
La ferma azione di Pio X però, condannando il modernismo che si andava
sempre più estendendo nel campo cattolico e il democratismo di Le
Sillon, pose fine agli intenti del progressismo cristiano nella Chiesa.
Ogni forma di progressismo cristiano scomparve dalla scena visibile
della Chiesa tra il 1910 ed il 1930. La Pascendi e la Lettera Notre
charge apostolique, che condannava Le Sillon, cercarono di ripulire il
campo della Chiesa da queste piaghe.
Il progressismo di Maritain
Maritain diede allora un nuovo inizio al progressismo cristiano. Si
tratta però del Maritain posteriore al 1930, perché il Maritain
anteriore si distinse per la sua forza nel combattere ogni liberalismo
ed ogni progressismo. Nel suo primo periodo aveva infatti scritto
Antimoderne, Trois Reformateurs, Théonas, Primauté du Spirituel, nei
quali rifiutava l'idea del progresso incondizionato ed esponeva la
dottrina autentica della Chiesa sul piano della civiltà cristiana.
Tuttavia, dal 1930, Maritain pubblica una serie di libri - in
particolare Umanesimo integrale - dove, sotto le apparenze di una
filosofia della cultura, emerge una problematica liberale che coincideva
punto per punto con gli errori di Lamennais.
Maritain, che nel suo Antimoderne aveva respinto l’idea di un progresso
incondizionatamente buono, ora, in Umanesimo integrale, difende un
concetto ambiguo, quello del progresso ambivalente della storia, per
assumere, già durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il 1940, la
difesa dell'idea di progresso.
Questa idea di progresso affascina Maritain come già era accaduto a
Lamennais, e la sviluppa in due libri scritti durante la Seconda Guerra
Mondiale. In Cristianesimo e Democrazia e in I Diritti dell’uomo e la
Legge naturale difende la nozione del progresso, avvertendo di trovarsi,
su questo punto, in pieno accordo con Teilhard de Chardin. Dice
testualmente: “Ho avuto il piacere di trovare esposte, dal punto di
vista scientifico del loro autore, delle concezioni apparse in una
conferenza pronunciata a Pechino dal celebre paleontologo Teilhard de
Chardin, il quale in essa indica che ‘per vecchia che appaia la
preistoria ai nostri occhi, l'umanità è ancora molto giovane e dimostra
che la sua evoluzione deve essere guardata come la continuazione della
vita integra, dove progresso significa ascensione della coscienza e dove
tale ascensione è legata ad un grado superiore di organizzazione. Se il
progresso deve continuare non sarà per sé solo. L'evoluzione, per il
meccanismo delle sue sintesi, si carica sempre di più di libertà’”.
Maritain, quindi, pone il progresso dell'uomo non nel bene, non in una
sempre maggiore virtù, non in un maggiore avvicinamento a Dio, a Cristo,
alla Chiesa, ma in una sempre maggiore libertà dell'uomo. Tutto ciò
coincide, punto per punto, con il piano di Lamennais. Egli quindi
considera odiosa la cristianità medievale ed il concetto autentico di
civiltà cristiana, proponendo al loro posto una società fondata sulla
libertà come idea preminente e dominante. Così, come il liberalismo
cattolico di Lamennais finì con il declinare nel socialismo, anche per
Maritain il liberalismo della nuova cristianità doveva portare ad una
società socialista, nella quale fossero soddisfatte le aspirazioni della
funzione storica del proletariato.
Il progressismo di Emmanuel Mounier
Maritain aveva anche elaborata tutta una teoria del personalismo, che
alimentava il mito della nuova cristianità. Emmanuel Mounier avrebbe
costituito per la Francia il profeta di questo nuovo messianesimo.
Con la sua rivista, Esprit, egli prese ad ispirare tutto un movimento
generazionale cattolico che avrebbe dovuto infondere un nuovo spirito,
quello del progressismo cristiano, alle opere di apostolato cattolico in
Francia ed in Europa.
Il progressismo cristiano, oggi egemone in ambito cattolico francese e
mondiale, può considerarsi opera di Mounier. Mounier ha influito in modo
decisivo su alcuni importanti gruppi di teologi, sociologi e gesuiti:
pertanto, non è esagerato assegnargli un'influenza di primo piano nella
corrente progressista che oggi domina gli ambienti cattolici e che ha
creato una poderosa struttura, alla quale devono piegarsi, volenti o
nolenti, a volte anche i vari Vescovi.
L'opera di Mounier prende le mosse dal rivalorizzare la nozione di
progresso come idea sostanziale del cristianesimo. E' certo però che
egli incorre in un equivoco perché, per quanto sia certo che esiste un
progresso ed una crescita del Corpo Mistico di Cristo fino a raggiungere
la pienezza dell'età perfetta, ciò non significa che ci debba essere
anche un progresso nella civiltà che sopporta questo progresso del Corpo
Mistico.
Mounier non effettua tale distinzione permanente e nel suo studio Il
cristianesimo e la nozione di progresso mantiene l'equivoco, come se il
progresso dovesse tradursi nella stessa realtà temporale. In questo
coincide completamente con Lamennais e Maritain. Su questa idea equivoca
di progresso Mounier elabora tutto il sistema del suo personalismo, che
dovrebbe dar corso ad una nuova civiltà o cristianità andando a
sostituire la civiltà nata dal Rinascimento.
Per capire il significato costituito dalla rivoluzione del personalismo
di Mounier bisogna portare l'attenzione verso le realtà contro cui
lotta. E la sua azione si sviluppa soprattutto contro il mondo del
capitalismo, della borghesia e del denaro. Sono quelle le figure
principali che vuole contrastare; è contro il capitalismo che Mounier
punta le sue armi poderose. Nella stessa maniera con cui condanna
duramente la borghesia ed il capitalismo, rivolge anche forti critiche
contro il fascismo.
Ma la durezza che Mounier mostra verso il capitalismo e il fascismo non
somiglia affatto a quella che ha verso il comunismo, verso il quale
mostra una significativa compiacenza. In innumerevoli pagine egli dà
l'impressione che il comunismo eserciti su di lui una vera suggestione,
come se si trattasse di un autentico umanesimo.
Nel primo volume delle sue opere, a pag. 515, si legge: “La denuncia
fatta dal marxismo dell'idealismo borghese e della sua ideologia
sociale, era o avrebbe potuto essere un considerevole apporto
all'umanesimo che cerchiamo. Essa costituiva un'indicazione capitale,
sulla quale specialmente i cristiani si sentivano uniti da una
fratellanza storica”.
In merito alla sua posizione verso il comunismo, niente è più suggestivo
di quello che scrisse ad André Dumas, il 9 ottobre del '49, a proposito
del decreto del Santo Uffizio del 13 luglio dello stesso anno, con il
quale si applicavano severe sanzioni a coloro che avessero prestato la
loro collaborazione al comunismo. Mounier insinua essere questo un atto
abusivo, di ingerenza mondana della Chiesa nella quale essa incorre
seguendo le orme di Costantino e di Gregorio. Scrive testualmente:
“Così, attualmente, tutti questi cattolici militano per la
cristallizzazione di una certa difesa della civiltà cristiana, di certa
glutinazione della Chiesa e dell'occidente capitalista e americano,
della quale la Chiesa non è totalmente responsabile, ma lo fu solo per
un primo periodo. Che le forze provenienti da questa tendenza
diffamatoria spingano nel senso dell'atteggiamento attuale della nostra
Chiesa verso il comunismo, é fuor di discussione. Non c'é il minimo
dubbio che essa sia angustiata, tra le altre, dalle minacce che al
comunismo fa pesare il suo potere post‑costantiniano o post‑gregoriano. E
tale potere va combattuto senza reticenze”.
Mounier fu il primo ad inventare questo carattere costantiniano
(alludendo a Costantino) e questo carattere gregoriano (alludendo a
Gregorio VII), per qualificare l'impegno della Chiesa nel difendere la
civiltà cristiana. Per Mounier, la civiltà cristiana, città cattolica,
ordine sociale cristiano, non sono altro che invenzioni abusive della
cristianità costantiniana e gregoriana che devono essere combattute,
così come va combattuto l'imborghesimento della Chiesa. Questa lettera
ad André Dumas, sopra citata, termina con questo suggestivo saluto: “Con
tutto il cuore in Cristo (e non nella civiltà cristiana)”.
La teoria elaborata da Lamennais e Maritain e diffusa da E. Mounier, ha
finito per imporsi negli ambienti cattolici. Non si può lavorare per la
civiltà cristiana, non ci si può impegnare perché siano riconosciuti i
diritti della Regalità di Cristo sulla scuola, i sindacati, i gruppi
sociali, il potere pubblico, perchè tutto l’ambito temporale rimanga
nelle mani del laicato cattolico. Secondo i progressisti, se tutto
quest'ordine temporale è caduto nelle mani del liberalismo, del
socialismo e del comunismo bisogna lasciarlo dov'é, perché ciò non
sarebbe avvenuto senza acquisizioni di progresso nella maggioranza delle
età della società attuale, passata dall'antico stato infantile ed
ingenuo - attraverso lo stesso carattere sacro costantiniano e
gregoriano -, ad una perfetta maturazione dell'età adulta e dell'attuale
società moderna.
Pertanto, pervenuti infine alla disistima dell'autentica civiltà
cristiana e di un ordine sociale pubblico adeguato al Vangelo, che
sostiene la Cristianità da sempre, si diffonde l'idea che il comunismo,
senza il suo ateismo, possa essere un sistema compatibile con la fede
cattolica. Si vuol far dimenticare che il comunismo è intrinsecamente
perverso, anche come sistema sociale, così come ha detto con parole
irreversibili e definitive Pio XII nel suo messaggio natalizio del 1955:
“Rifiutiamo il comunismo come sistema sociale, in virtù della dottrina
cristiana”.
Al contrario, dobbiamo sostenere la necessità imposta dalle esigenze
cristiane, di combattere il comunismo e di far fiorire una società
cristiana nel quadro sociale: questo vuol dire lavorare per la civiltà
cristiana. Il progressismo cristiano consiste precisamente
nell'affermazione contraria, cioè nel non fare ciò che è necessario per
le esigenze cristiane: lavorare per il fiorire di una società cristiana,
contro la tesi progressista secondo cui il cristianesimo potrebbe
propagarsi ugualmente, anzi forse meglio, in una società dove impera il
comunismo.
Le idee di Mounier alimentaranno i movimenti dei cristiani progressisti
di Mandouze, che acquistarono una forza particolare dopo il 1948; queste
idee influiranno anche sul gruppo di teologi riuniti attorno a Jeunesse
de l'Eglise dell'ex domenicano Montuclard e, oprattutto, attraverso
questi, sul movimento dei Preti Operai, la cui condanna da parte di Pio
XII doveva avere una risonanza mondiale.
Il progressismo di Teilhard de Chardin
Teilhard de Chardin costituisce oggi la figura massima del progressismo
cristiano, ma la sua traiettoria segui un itinerario diverso da quello
di Lamennais, Maritain e Mounier.
Sebbene la ragione fondamentale del suo progressismo consista dalla
forte passione che lo muove ad unire in un solo insieme due fedi, la
fede del cielo e quella della terra, Teilhard de Chardin è un innamorato
del mondo e soprattutto del mondo moderno.
Nel suo caso, in modo particolare, questo amore per il mondo diventa
quanto mai forte verso la scienza moderna in generale e la scienza
biologica in particolare. Da qui, seguendo la corrente imperante di
questo tipo di scienze, confesse decisamente di essere partigiano
dell'evoluzionismo e dell'evoluzionismo universale. Credo
nell'evoluzione è la sua prima professione di fede scientifica. Credo
che l'evoluzione vada verso lo spirito, credo che l'evoluzione vada
verso il personale, credo che il personale supremo culmini in Cristo.
Teilhard de Chardin, per la stessa ragione per cui crede nell'evoluzione
universale, crede nel progresso. Progresso che va dal primitivo
pulviscolo del cosmo fino ai primi elementi dell'atomo, dall'atomo fino
alla molecola, dalla molecola alla grande molecola, da questa al virus,
dal virus alla cellula, dalla cellula ai protozoi, da questi agli
animali ed alle piante più complete, per finire all'uomo. Il cammino del
progresso evolutivo non si arresta mai, fino al raggiungimento di forme
più complesse di organizzazione collettiva e planetaria fino al "punto
omega". E’ tutto un processo progressivo di cosmogenesi, biogenesi,
noogenesi e cristogenesi.
Però la specialità di Teilhard de Chardin era la paleontologia, che egli
presume fornisca il fondamento scientifico e rigoroso a tutto il suo
evoluzionismo. E' perciò necessario esporre il pensiero di Teilhard de
Chardin su questo punto.
Teilhard ha felicemente riassunto il suo pensiero nell'articolo su “La
questione dell'uomo fossile”, pubblicato in Psyche, numero 99 e 100, nel
secondo volume delle sue opere complete. Il de Chardin stabilisce in
quella sede che il suo evoluzionismo universale ha come fondamento
l'evoluzione dell'uomo. Infatti, in tale studio trae una conclusione che
suona così: “E' anche chiave per il futuro: se corrisponde a verità è
anche scientificamente vero che da un centinaio di migliaia di anni
l'uomo non ha mai cessato di muoversi (senza retrocedere mai è sempre in
testa alla vita) verso degli stadi costantemente crescenti di
organizzazione e di coscienza: non c'è quindi nessuna ragione per
supporre che tale movimento si sia attualmente arrestato. Al contrario,
il gruppo dell'homo sapiens è tuttora intorno a noi nel pieno del suo
vigore (per non dire nella sua piena gioventù), del suo sviluppo. Così
sono giustificate e precisate su una solida base scientifica la nostra
speranza e la nostra fede moderna nel progresso umano. L’antropogenesi
non è certo chiusa. L'umanità avanza sempre e continuerà ad avanzare per
altre centinaia di milioni di anni, con la convinzione di saper
conservare lo stesso ritmo di marcia dei nostri predecessori verso una
sempre maggiore coscienza e complessità”.
Che valore ha il fondamento paleontologico di Teilhard de Chardin? Per
esaminarlo spieghiamo brevemente la sua teoria. Per Teilhard de Chardin
l'uomo appare nell'età quaternaria. Egli ammette che l'ascendente
dell'uomo attuale è l'Homo Sapiens che appare nel pleistoceno superiore.
Però prima appaiono forme intermedie rappresentate soprattutto dal
Sinantropo, un presunto anello di animale/uomo verso l'uomo di
Neanderthal e di questo verso l’Homo Sapiens.
Ma bisogna rilevare che non esiste questa gradazione progressiva sulla
quale si appoggia Teilhard de Chardin. Effettivamente si sono trovati
pezzi di Homo Sapiens anteriori all'uomo di Neanderthal e bisogna porli
nel pleistoceno inferiore. Nell'era preistorica di Fonte‑Chevade nella
Charente, Germaine Henri Martin ha fatto conoscere nell'agosto del 1947
una calotta cranica comprendente, in connessione anatomica, una parte
dell'osso frontale, i due parietali, una parte del temporale sinistro ed
una parte dell'occipitale. L'interesse di queste scoperte poggia su
quelle conformi al tipo di Homo Sapiens, di data anteriore al
Musteriense, ossia bisogna porle nel pleistoceno inferiore. Pertanto,
risulta chiaramente che, prima dell'uomo di Neanderthal, visse in Europa
un tipo di Homo Sapiens.
Per di più, il famoso Sinantropo o Uomo di Pechino, che costituisce per
Teilhard de Chardin un vero animale umano, non ha valore. La questione è
stata studiata in forma completa dal Reverendo Patrick O' Connell in
“Science of to Day and the problems of Genesis”. L'argomento merita di
essere trattato a lungo, cosa che non è possibile qui.
Tratteggiamo tuttavia alcuni aspetti di cui occorre tener conto.
Punto primo: bisogna tener presente che nel corso degli scavi di
Choukoutien si è sostenuto che siano stati scoperti circa 30 crani
interi o incompleti, 11 mandibole e 147 denti del preteso Sinantropo. Ma
tutto ciò è ovviamente sparito.
Punto secondo: è stata nascosta al pubblico l'importanza dell'industria
trovata a Choukoutien, cosa che lascia ben supporre l’esistenza in loco
di uomini con lo sviluppo tipico dell'Homo Sapiens.
Punto terzo: il Dott. Pei trovò nel 1934, tre crani umani del tipo
moderno ed i resti di scheletri presumibilmente umani. Weidenreich, che
diresse gli scavi dopo la morte di Black, nell'esposizione illustrativa
dei ritrovamenti, nel numero di Paleontologia Sinica del 1939 (che
ripeté nella sua conferenza agli studenti dell'Università della
California nel 1945) sentenziò testualmente: “Negli scavi chiamati del
livello superiore di Choukoutien, che portarono alla luce i resti del
Sinantropo, furono ritrovati 3 crani ben conservati, vari frammenti di
altri crani e ossa di scheletri di circa 10 individui, che sembravano
appartenere alla stessa famiglia. I 3 crani erano di un uomo maturo, di
una donna di età media e di una donna più giovane. Benchè della stessa
famiglia, avevano alcune caratteristiche diverse: il cranio dell'uomo
era del tipo mongolo con alcuni tratti del Neanderthal; il cranio della
donna di età media sembrava di un eschimese, mentre quello della donna
giovane apparteneva ad un abitante della Melanesia”.
Il quarto fatto da tener presente è che i crani del presunto Sinantropo
mostravano tutti un buco nella parte posteriore, aperto per succhiare il
cervello.
Da tutti questi fatti deriva la validità dell'affermazione del grande
paleontologo Marcellin Boule nella sua Antropoloaia, in cui scrive: “A
questa ipotesi tanto fantasiosa quanto ingegnosa (cioè quella del Padre
Teilhard de Chardin circa il Sinantropo) mi permetto preferire questa
che mi sembra più conforme alla connessione delle nostre conoscenze; il
cacciatore era un uomo vero del quale è stata trovata la figura tipica e
che ha fatto del Sinantropo la sua vittima”.
Ancora Boule: “Mi sembra temerario considerare il Sinantropo come il
monarca del Choukoutien dato che appare nei depositi nei quali è stato
trovato mentre caccia assieme ad altri animali”.
Tutto ciò è utile per sgombrare e far chiarezza nel campo della
Paleontologia, dal quale gli evoluzionisti traggono le loro
argomentazioni fondamentali.
Infatti, se sconfiniamo nel terreno della biologia, è facile dimostrare
che tanto per il concetto di “specie” come per quello di “eredità” e
quello dei “caratteri acquisiti” e della “genetica”, l'evoluzione è
inverosimile. Le parole della “Enciclopedia” francese (tomo V, 1938)
scritte da Paul Lemoine, restano tuttora valide. Vi si legge: “Il volume
quinto dell'enciclopedia francese segnerà sicuramente una data nella
cammino delle nostre idee sull'evoluzione: emerge dalla sua lettura che
questa teoria sta quasi per essere abbandonata”.
“Da quest'espressione risulta che la teoria dell'evoluzione è
impossibile. In fondo, nonostante le apparenze nessuno crede ancora in
essa e si dice, senza darle un'importanza particolare, ‘evoluzione’
intendendo ‘incatenamento’; ‘più evoluto’, ‘meno evoluto’, nel senso di
‘più perfezionato’ o ‘meno perfezionato’, facendo parte tutto ciò di un
linguaggio convenzionale, non solo ammesso ma quasi obbligatorio nel
mondo scientifico”.
“L'evoluzione è una specie di dogma nelle quale non credono nemmeno i
sacerdoti, che però la mantengono per il popolo. Bisogna avere il
coraggio di dire tutto ciò perché gli uomini della futura generazione
orientino le loro ricerche in un'altra direzione”.
L'idea di progresso in Teilhard de Chardin manca dunque, ovviamente, di
basi scientifiche serie. Ma nemmeno possono esserle offerte basi
filosofiche. Ciò che conviene sottolineare ‑ e qui si capisce perché il
comunismo è impegnato nel favorire e propagandare il teilhardismo negli
ambienti cattolici ‑ è che per Teilhard bisogna operare attualmente per
la congiunzione e l'unione di cristianesimo e marxismo.
Infatti, nel suo articolo “Il cuore del problema”, presente nel 5°
volume delle sue opere, propone come soluzione all'umanità una
combinazione risultante da oy che rappresenta la tendenza cristiana o la
fede tendente in alto, con ox che rappresenta la tendenza comunista o
marxista, cioè la fede nel futuro o la fede nel mondo. Scrive Teilhard:
“Due forze religiose sino a questo momento sono state contrapposte una
all'altra nel cuore di ogni uomo; due forze, come abbiamo visto, che si
debilitano e languiscono se vengono isolate; due forze conseguentemente
(questo è quello che mi rimane da dimostrare) che non sperano che una
cosa: non che si faccia una scelta tra le due ma che si trovi il modo di
unirle” (in L'Avvenire dell'uomo, ed. fr. pag. 343; ed. sp. Taurus,
pag. 324).
Il Progressismo ed il Concilio Vaticano II
Per formulare un giudizio definitivo su questo punto bisogna aspettare
le conclusioni definitive alle quali arriverà il Concilio. Ma un
Concilio è opera dello Spirito Santo e lo Spirito non si mostra
realmente se non nelle conclusioni alle quali perviene l'unanimità dei
Padri Conciliari sotto la direzione del Romano Pontefice.
Tuttavia, fin da ora, bisogna dire quanto segue:
1) Il Concilio è, nella mente della Chiesa, un grande atto di carità
della Chiesa stessa, che cerca oggi di salvare il mondo moderno e di
unire tutti gli uomini nella fede e nella carità di Cristo.
2) Questo grande atto di carità della Chiesa per salvare dallo stato di
indigenza spirituale il mondo moderno, avviene proprio nel momento in
cui questo mondo, orgoglioso, si esalta per le sue conquiste
scientifiche e tecniche e tenta di riorganizzarsi respingendo Dio ed
affermando un ateismo militante su scala mondiale, con il quale non farà
che portare alla distruzione ed alla rovina la specie umana: un mondo
senza Dio è un mondo distruttore dell'uomo. Ecco perché la Chiesa ha
voluto, vuole e vorrà sempre mettere questo mondo in contatto con le
energie vivificanti e permanenti del Vangelo. Il mondo ha bisogno di
essere salvato dalla Chiesa. Non è la Chiesa, come immaginano i
progressisti, che deve essere salvata dal mondo moderno.
3) Questo grande atto di carità della Chiesa vedrà il mantenimento
intatto ed integro della Verità della Chiesa, perché nella Chiesa la
carità sgorga dalla Verità. Lo Spirito Santo procede dal Verbo, che è
Verità.
4) Questo grande atto di carità della Chiesa coincide con una grande
confusione e con un'ansia non sempre legittima di cambiamenti e di
progressi, che sta agitando il mondo cattolico da più di 30 anni.
5) Il movimento progressista, al quale abbiamo fatto riferimento, sta
operando con trenta organizzazioni in tutto il mondo, in Francia,
Belgio, Olanda e Germania ed ora vuole approfittare della grande
Assemblea Conciliare per imporre la sua idea di pericoloso progressismo a
tutto il popolo di Dio.
6) Il comunismo non è estraneo a questo proposito sinistro. Nella
primavera del 1963, il Cardinal Segretario di Stato del Pontefice Romano
ha fatto conoscere al Nunzio Apostolico a Parigi, perché lo facesse
sapere all'Episcopato ed ai Superiori Maggiori Religiosi residenti in
Francia, i propositi sinistri del movimento Pax (nato in Polonia e
diretto da Piasecki, un cattolico progressista polacco), che ha come
obbiettivo lo sviluppo del progressismo in Francia e cerca di
approfittare della grande Assemblea Conciliare per insinuare dialettica
tra gli stessi Padri Conciliari. Questo movimento comunista Pax dispone
di fondi inesauribili per esercitare la sua influenza sui mezzi mondiali
di comunicazione. Sta insinuando dialettica con il fare apparire i
Padri Conciliari divisi tra di loro in due gruppi diversi, buoni e
cattivi, progressisti ed integralisti, di attitudine aperta e di
attitudine chiusa, innovatori e reazionari. In realtà, in un'assemblea
di quasi 3.000 persone, sono molti i gruppi e le sfumature, e queste
sono parecchio elastiche, di modo che non si ha diritto di dividerli
precisamente in due tendenze antagoniste, e solo in due, come esige la
dialettica comunista. Tutto ciò sta venendo messo in atto con propaganda
mondiale la quale, nello stesso tempo, fa apparire come divisi in due
gruppi antagonisti di progressisti ed integralisti tutti i cattolici del
mondo.
7) Questa guerra psicologica, sviluppata con uno spiegamento
dell'apparato pubblicitario mondiale, ha come fine il produrre un
atteggiamento di vergogna e timore, già ben visibile in molti, di poter
venire qualificati come reazionari, cavernicoli, ristretti ed
integralisti,
8) Il cattolico non si dovrà lasciar prendere da complessi, ma dovrà
mantenere la sua fedeltà al Magistero della cattedra romana, perché
questa è la condizione della fedeltà autentica alla fede di Cristo.
MOVIMENTO POLITICO - RELIGIOSO DI RISCOSSA CATTOLICA - PIA CONFEDERAZIONE TRIARI. Iscriviti : confederazionetriari@gmail.com - aiuto : - IBAN IT26H3608105138287867787889
venerdì 15 aprile 2022
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